In viaggio con Alessandro Capitani, sulle strade della Puglia più affascinanti e meno battute
Un
road movie tra i paesaggi meno battuti della Capitanata e, anche per
questo, più affascinanti, fra Ascoli Satriano, Borgo Mezzanone, Foggia,
Lucera, Ordona, Pietra Montecorvino, San Nicandro Garganico, Torre
Mileto e Zapponeta.
Regista
e sceneggiatore, originario di Orbetello (piccolo centro in provincia
di Grosseto), sul set di documentari e programmi tv, ha vinto un David
di Donatello nel 2016 con il corto «Bellissima», dopo aver curato
l’assistenza alla regia per vari film, tra cui «La nostra vita» di
Daniele Luchetti, il suo maestro: «Sono cresciuto con lui al Centro
sperimentale di cinematografia di Roma – dice - Mi ha insegnato
moltissimo. Cerco di rubargli il più possibile per fare questo mestiere.
Adoro il suo cinema».
E la Puglia? Che parte riveste in «In viaggio con Adele»?
«Ha
un ruolo importantissimo. La conosco un po’ tutta. Sono venuto due anni
fa per un documentario per Rai tre, con Domenico Iannacone, "La terra".
Abbiamo girato nel Foggiano, in particolare a Rignano Garganico, nel
ghetto degli immigrati, impiegati nella raccolta dei pomodori. In quelle
zone, cariche di negatività agli occhi dei più, perché associate allo
sfruttamento dell’immigrazione e ai fatti di cronaca, ho visto qualcosa
di bello, una luce. È un po’ quello che faccio sempre quando racconto le
mie storie. Cerco di andare al di là della superficie, di vedere ciò
che c’è di diverso».
È anche la filosofia del corto «Bellissima».
«Esatto,
anche Giusy è brutta agli occhi degli altri, ma basta poco per amarla,
per vederla bellissima. Così anche per Adele e Aldo. Il film racconta
due facce della stessa medaglia. Non si capisce chi sia nel giusto e chi
nell’errore. Sarà la storia a mettere i pesi. Alla fine penso che lo
spettatore potrà solo amare i due personaggi. E le terre che
attraversano».
Eppure, nel film, qualcuno le ha trovate «inospitali».
«In
realtà non è così. Solo mi piaceva raccontare una Puglia che non fosse
quella già nota, accomodante, rilassante e vacanziera del Salento. Le
terre dovevano essere severe e aspre, spingere i personaggi ad andare
nella propria direzione, il Lazio per Adele e la Francia per il vecchio
attore Aldo, dove lo aspetta un provino. I protagonisti si fermano anche
a contemplare il paesaggio. Ma avevano bisogno di percorrerlo senza
fermarsi. La verità è una sola. Io mi sono innamorato di questa zona,
altrimenti non ci avrei girato. Avevamo bisogno di raccontare delle
strade. E, per far questo, zone migliori del Tavoliere o dei Monti
Dauni, in Italia, penso non ci siano».
Detto da un toscano non è poco!
(sorride)
«Sin dalla prima lettura della sceneggiatura ho escluso anche trulli e
ulivi. Fanno già parte del panorama cinematografico italiano. A destra e
a sinistra della nostra mitica Saab volevo avere uno spazio senza
riferimenti visivi, una sorta di Texas. Proprio quello che ho trovato.
Il mio viaggio doveva essere per forza qui. Anche per le persone: tutte
appassionate al progetto. Generose e pronte ad aprirci qualsiasi porta.
Fanno onore a questa terra».
Giuseppe Daponte
Corriere del Mezzogiorno
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