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In viaggio con Alessandro Capitani, sulle strade della Puglia più affascinanti e meno battute



Un road movie tra i paesaggi meno battuti della Capitanata e, anche per questo, più affascinanti, fra Ascoli Satriano, Borgo Mezzanone, Foggia, Lucera, Ordona, Pietra Montecorvino, San Nicandro Garganico, Torre Mileto e Zapponeta.


Sono terminate da poco le riprese in Puglia (ma anche nel Lazio e per un paio di giorni a Parigi) di «In viaggio con Adele», film in uscita nelle sale quest'anno, prodotto da Isabella Cocuzza e Arturo Paglia per Paco Cinematografica, con il sostegno di Apulia Film Commission, da un soggetto di Alessandro Haber, Tonino Zangardi e Nicola Guaglianone, quest’ultimo autore anche della sceneggiatura. I protagonisti sono l’anziano attore Aldo, interpretato da Haber, e Adele, una ragazza con la sindrome di Asperger, interpretata da Sara Serraiocco. Ma partecipano al cast anche Isabella Ferrari e Patrice Leconte.


La pellicola è il primo lungometraggio per Alessandro Capitani, che corona così il sogno di una vita. 
Regista e sceneggiatore, originario di Orbetello (piccolo centro in provincia di Grosseto), sul set di documentari e programmi tv, ha vinto un David di Donatello nel 2016 con il corto «Bellissima», dopo aver curato l’assistenza alla regia per vari film, tra cui «La nostra vita» di Daniele Luchetti, il suo maestro: «Sono cresciuto con lui al Centro sperimentale di cinematografia di Roma – dice - Mi ha insegnato moltissimo. Cerco di rubargli il più possibile per fare questo mestiere. Adoro il suo cinema». 



E la Puglia? Che parte riveste in «In viaggio con Adele»? 
 «Ha un ruolo importantissimo. La conosco un po’ tutta. Sono venuto due anni fa per un documentario per Rai tre, con Domenico Iannacone, "La terra". Abbiamo girato nel Foggiano, in particolare a Rignano Garganico, nel ghetto degli immigrati, impiegati nella raccolta dei pomodori. In quelle zone, cariche di negatività agli occhi dei più, perché associate allo sfruttamento dell’immigrazione e ai fatti di cronaca, ho visto qualcosa di bello, una luce. È un po’ quello che faccio sempre quando racconto le mie storie. Cerco di andare al di là della superficie, di vedere ciò che c’è di diverso». 

È anche la filosofia del corto «Bellissima». 
«Esatto, anche Giusy è brutta agli occhi degli altri, ma basta poco per amarla, per vederla bellissima. Così anche per Adele e Aldo. Il film racconta due facce della stessa medaglia. Non si capisce chi sia nel giusto e chi nell’errore. Sarà la storia a mettere i pesi. Alla fine penso che lo spettatore potrà solo amare i due personaggi. E le terre che attraversano». 

Eppure, nel film, qualcuno le ha trovate «inospitali». 
«In realtà non è così. Solo mi piaceva raccontare una Puglia che non fosse quella già nota, accomodante, rilassante e vacanziera del Salento. Le terre dovevano essere severe e aspre, spingere i personaggi ad andare nella propria direzione, il Lazio per Adele e la Francia per il vecchio attore Aldo, dove lo aspetta un provino. I protagonisti si fermano anche a contemplare il paesaggio. Ma avevano bisogno di percorrerlo senza fermarsi. La verità è una sola. Io mi sono innamorato di questa zona, altrimenti non ci avrei girato. Avevamo bisogno di raccontare delle strade. E, per far questo, zone migliori del Tavoliere o dei Monti Dauni, in Italia, penso non ci siano». 

 Detto da un toscano non è poco! 
(sorride) «Sin dalla prima lettura della sceneggiatura ho escluso anche trulli e ulivi. Fanno già parte del panorama cinematografico italiano. A destra e a sinistra della nostra mitica Saab volevo avere uno spazio senza riferimenti visivi, una sorta di Texas. Proprio quello che ho trovato. Il mio viaggio doveva essere per forza qui. Anche per le persone: tutte appassionate al progetto. Generose e pronte ad aprirci qualsiasi porta. Fanno onore a questa terra». 

Giuseppe Daponte 
Corriere del Mezzogiorno

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