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Il Patrimonio dell’Umanità che svetta nel Parco nazionale del Gargano

«Uno straordinario esempio di foreste temperate e intatte, uno dei più completi ed esaurienti modelli e processi ecologici di faggeta europea e un prezioso serbatoio genetico di faggi, con varie specie associate». Con queste parole l’Unesco ha promosso le faggete italiane. 
I vetusti italiani sono tra i più vecchi d’Europa: alcuni hanno quasi 600 anni, sono fra quelli più a sud nel Vecchio Continente, tra i più alti (fino a 50 metri) e tra i più ricchi per biodiversità arborea. Si estendono su 2.127 ettari, di cui circa 450 nel Parco nazionale del Gargano, il resto nel Parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (a Villavallelonga-Valle Cervara, Lecce nei Marsi-Moricento, Pescasseroli-Coppo del Principe e Coppo del Morto, Opi-Val Fondillo), di Sasso Fratino (Parco nazionale delle foreste casentinesi), di Cozzo Ferriero (Parco nazionale del Pollino), di Monte Cimino (Soriano nel Cimino) e Monte Raschio (Parco naturale regionale di Bracciano-Martignano). 





 Un nuovo Patrimonio dell’Umanità è stato riconosciuto in Puglia. Sono le «faggete vetuste», una sorta di cattedrale gotica fatta di alberi, che svetta nel Parco nazionale del Gargano. L’ambìto titolo è stato accordato dalla Commissione Unesco World Heritage pochi mesi fa, lo scorso 7 luglio, durante la 41esima sessione dei lavori, tenutasi a Cracovia. È il secondo riconoscimento nell'area dopo quello andato al Santuario di Monte Sant'Angelo nel 2011, nell'ambito dei percorsi Longobardorum, insieme ad altre sei destinazioni. 

D’altra parte, anche per i faggi del Gargano si tratta di un riconoscimento «seriale», opzione da tempo preferita dall'Unesco rispetto all’individuazione di destinazioni o beni singoli. Sono entrate nella lista di eccellenza, infatti, anche altre 9 faggete italiane e 53 di Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Romania, Slovenia e Spagna, tutte candidate con un corposo fascicolo redatto dopo anni di studio. Si sono aggiunte, così, da pochi mesi, alle faggete dei Carpazi e poi di Slovacchia, Ucraina e Germania, già riconosciute dall’Unesco alla fine di un percorso avviato nel 2007. In totale, pertanto, oggi sono 63 le faggete riconosciute in 12 Paesi. Ciascuna è stata scelta, dopo sopralluoghi e visite di team scientifici, per il buono stato di conservazione e per la propria unicità biologica ed ecologica nel mosaico continentale. Ed è proprio la varietà ecologica complessiva il patrimonio che si vuole salvaguardare. 

 La Commissione dell’Unesco ha raccolto informazioni sui territori ma anche sulla struttura di management, sulle attività di monitoraggio e ricerca scientifica, sull’organizzazione interna dell’ente gestore, sulla sua capacità di divulgazione e promozione, sulla fruibilità turistica sostenibile e sui rapporti con comunità locali e istituzioni scientifiche. «Il riconoscimento - rilevano dal Parco nazionale d'Abruzzo, uno degli enti che, coordinati dall'Austria, hanno portato avanti le candidature - è per l'Italia la prima iscrizione di un patrimonio naturale espressamente per il suo valore ecologico di rilievo globale, oltre che storico e culturale». 

L'iscrizione premia il lavoro di conservazione e studio realizzato dai Parchi italiani in rete, coordinati da Gianluca Piovesan e Alfredo Di Filippo, dell’Università della Tuscia di Viterbo, col sostegno della Direzione generale per la protezione della natura del Ministero dell’Ambiente. In particolare, le faggete garganiche, spiega Di Filippo, «sono uniche in Europa per l’aspetto maestoso e l’elevata biodiversità, grazie all’alto grado di conservazione dei siti in ambiente Mediterraneo. Qui il faggio raggiunge i 350 anni di età (mentre a quote simili difficilmente arriva a 250) e un’altezza di 45 metri (di solito non supera i 35)». 

 Le faggete si trovano nella Foresta Umbra (nome latino che significa «ombrosa») e nel Falascone. La prima, accessibile al pubblico solo in alcune zone, si estende per 400 ettari nell’area centro-orientale del Gargano, a circa 800 metri di altitudine, con una vegetazione costituita soprattutto da faggi ma anche da cerrete e bosco mediterraneo. La Foresta Falascone sorge a una quota simile, a ridosso di Monte Sant’Angelo, ma è ancora recintata e visitabile solo da gruppi scolastici organizzati. 


È una faggeta mista di circa 50 ettari, unica nel suo genere, con una grande varietà di specie arboree dalle dimensioni eccezionali, tra cui aceri, tigli, carpini, agrifogli e soprattutto tassi (tra le colonie più ampie in Italia). Le due unità formano un insieme unico nel Parco nazionale del Gargano. E sono l’ultimo residuo della foresta sconfinata che un tempo ricopriva l’intero promontorio. Oggi sono Riserve integrali, di proprietà dello Stato, gestite dai Carabinieri del Reparto per la Biodiversità di Foresta Umbra, e popolate soprattutto da caprioli, gatti selvatici, tassi, faine, volpi, cinghiali e ghiri. Tra gli uccelli, picchi, gufi, allocchi, merli, colombacci e beccacce. La peculiarità delle faggete garganiche è di trovarsi alle quote più basse fra quelle note (tra i 200 e gli 800 metri sul livello del mare, contro un minimo di 500 sulle Alpi e di 900 sugli Appennini, fino a un massimo di 1800), grazie al clima, più piovoso e umido, favorito dalla posizione del promontorio, proteso nell’Adriatico. Sono anche le più prossime alla linea di costa di tutta la Penisola e le più a diretto contatto con la vegetazione mediterranea. 

 Questo habitat, tra i più importanti rifugi del faggio, così ricco e vario, è concentrato in un territorio tanto ristretto da rendere il Gargano ecologicamente più simile a un'isola che a un monte. 

Giuseppe Daponte
Corriere del Mezzogiorno

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