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Vademecum del «griller» (im)perfetto


Difficile immaginare la Puglia senza i suoi profumi di grigliata di pesce, che si librano nell’aria soprattutto nelle sere d’estate. Per tanti è un’arte con regole precise che, però, ogni «griller» può infrangere, seguendo il proprio gusto, un po’ come Van Gogh nei suoi quadri ha potuto fare a meno della prospettiva. 


E, tuttavia, conviene fissare dei paletti, anche solo per eluderli consapevolmente. Il primo: la selezione della materia prima. Se è fresca lo si evince dall’odore. Ma anche dall’occhio, convesso e non piatto. Squame e pelle devono essere brillanti e senza muco. Le branchie, rosso vivo. La brace esalta crostacei e pesci grassi, meno inclini a seccarsi. Griglie aperte, quindi, a tonni, salmoni, pesce azzurro, saraghi, orate, spigole, polpi, scampi, triglie, pesce spada, anguille e rombi. Vietato bucherellare o strapazzare il pesce. Va solo sviscerato. 



 No alle marinature, meglio la semplicità. Anche il limone per qualcuno è un crimine, al limite se ne tollera la fragranza spruzzata dalla buccia. Per altri, invece, è il benvenuto, con olio e sale grosso. Come combustibile, preferire legna «forte» di ulivo, frassino e quercia (nella affumicatura dà un aroma in più), carbone (a pezzi grandi, senza polvere) o gas. Bocciate le griglie elettriche. La brace, prima della grigliata, deve riposare mezz’ora: bruciare il pesce pregiudica sapore e salute. Va tolto dal fuoco quando i punti di contatto con la griglia, le «righe», sono ancora marrone-caramello e non nere. La graticola migliore, pertanto, ha bacchette sottili e larghe. Meglio se unte, si arroventano meno. 

 Giuseppe Daponte, speciale Corriere del Mezzogiorno

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