Il Castel del Monte da bere
Il Nord Barese, che dall’Alta Murgia degrada verso l’Adriatico, è tra le aree a maggiore vocazione vitivinicola in Puglia.
Ma non è tanto la quantità (media) quanto la qualità il segno distintivo di questa terra del vino, che prende il nome dal Castel del Monte, monumento simbolo del territorio. «Una qualità – spiega Sebastiano de Corato, responsabile commerciale e marketing dell’azienda Rivera di Andria, che produce 1,2 milioni di bottiglie l’anno, il 50% per l’estero – legata a condizioni ottimali, garantite dal territorio collinare e favorita anche dal clima mediterraneo, da inverni più freschi e piovosi ed estati calde e asciutte, mitigate da brezze marine».
Biomasseria Lama di Luna Andria |
I vini «Castel del Monte», per questo, sono più eleganti e meno forti dei salentini, quasi nordici rispetto al vasto panorama pugliese, composto di 28 denominazioni di origine protetta, quattro anche garantite (di cui tre Castel del Monte - Nero di Troia Riserva, Rosso Riserva e Bombino Nero - e il Primitivo di Manduria dolce naturale) e 6 Indicazioni geografiche protette.
Nel 1950, anno della prima annata della Rivera, c’erano solo 4 tipi di Castel del Monte, bianco, rosato, rosso e rosso riserva, poi diventato Falcone. Oggi, dietro questa etichetta, ci sono tanti vini (a marchio Rivera almeno 12 dop, uno dopg e 10 Igp), ricavati da molti vitigni coltivabili, sia autoctoni (Pampanuto, Bombino Bianco, Fiano e Moscato Reale, Bombino Nero, Nero di Troia, Montepulciano e Aglianico) che di nuova introduzione, come Sauvignon e Chardonney, portati 30 anni fa in Puglia da Rivera. «Anche il Moscato di Trani – precisa de Corato – è un Castel del Monte ma da dessert. Il suo vitigno, a differenza degli altri, cresce sulla costa, sotto i 180 metri sul mare».
Anche l’azienda del Conte Spagnoletti Zeuli, risalente al 1600, punta su vitigni autoctoni per produrre 500 mila bottiglie l’anno di vini docg e doc Castel del Monte e Igt Murgia.
«Abbiamo tre docg – dice il cavaliere del lavoro Onofrio Spagnoletti Zeuli – Rinzacco, con uva di troia al 100%, Terranera, blend Nero di troia, Montepulciano e Aglianico (da quest’anno docg), e Colombaio, rosato docg al 100% Bombino nero, vitigno molto buono soprattutto per i rosati, per i quali la Puglia ha una grande predisposizione. Mi auguro siano apprezzati molto anche qui come in Francia. Quanto al Fiano, sono stato tra i primi nella regione a tornare a questo vitigno, usato sin da Federico II. Stiamo cercando di farlo diventare docg anche in Puglia».
Giuseppe Daponte, Orizzonte Sud, Corriere del Mezzogiorno
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