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Il mestiere dell'editore, nell'era del tablet

BARI - «Il mestiere dell'editore, nell'era del tablet, resta quello di selezionare e organizzare contenuti. Non c'è stata un'evoluzione qualitativa, culturale, dal libro all'e-book, che ha solo un'utilità in più: consente di portare con sé più testi in poco spazio. I nuovi media offrono più possibilità di auto-prodursi e pubblicarsi, ma resta l'esigenza di un certificatore di qualità, l'editore. Piuttosto emerge con più forza il problema della tutela del diritto d'autore». A dirlo è Alessandro Laterza, editore e vicepresidente di Confindustria nell'incontro «Rivoluzione digitale: da Gutenberg al tablet», organizzato da settore grafico e sezione terziario innovativo e comunicazione di Confindustria Bari e Bat, con imprenditori e professionisti pugliesi dei comparti interessati. Tablet e smartphone, dunque, hanno cambiato le abitudini di lettura. Ma, è opinione diffusa, non soppianteranno i media tradizionali, come libri, giornali, radio e tv. «Al contrario li hanno integrati – spiega Mariella Pappalepore, presidente del settore terziario innovativo e comunicazione dell'Associazione degli industriali baresi - e stanno rivoluzionando il modo di lavorare di editori, stampatori e grafici: organizzazione, competenze e composizione del personale aziendale ma anche approccio con il cliente, con cui vanno sfruttate al meglio le tecnologie». Per il settore editoriale (e non solo) il 2012 è stato un annus horribilis. I libri hanno registrato un calo produttivo del 10-15% tra aprile e giugno 2012, le riviste un -6,6%. Sono crollati anche i comparti grafico e cartotecnico. «La crisi – rileva Laterza - ci fa perdere la lucidità di analisi dei cambiamenti. In realtà, più che tablet e smartphone, ritengo più interessante come strumento di democratizzazione culturale, ad esempio il digitale terrestre (la cui adozione è stata obbligatoria per tutti a differenza del satellite): ha ampliato l'offerta e, accanto alla pessima tv generalista, ha introdotto canali tematici di qualità. Un programma di storia non credo sia cultura di serie B rispetto a un libro di storia». I nuovi media hanno cambiato anche la cultura aziendale. «Il nuovo petrolio – precisa Stefano Torsello, graphic communications manager della Xerox - sono i profili dei consumatori, ormai destinatari di messaggi mirati, un mondo che si è aperto con la connessione ad internet». «Oggi – commenta Ettore Chiurazzi (della società CaruccieChiurazzi ) - dal paradigma di Mc Luhan “il media è il messaggio” si è passati a quello “il contenuto è il messaggio, al di là del dispositivo”. E per migliorare i contenuti serve la conversazione, il web 2.0, che genera empatia». Con il dialogo, infatti, secondo Francesco Favia (Arti Grafiche Favia), «si introiettano nell'azienda valori profondi che contaminano relazioni, servizi e prodotti, che sono così “co-creati”. Se i valori non sono profondi, l'interlocutore se ne accorge subito». Sempre che i clienti siano pronti al dialogo: spesso, invece, secondo Cesare Contegiacomo della A.De Robertis&figli e Stefano Salvemini, presidente del Settore Poligrafico di Confindustria, non lo sono, perché privi di conoscenze specialistiche. Giuseppe Daponte Corriere del Mezzogiorno

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