Translate

The Artist trionfa agli Oscar

lunedì 27 febbraio 2012 di Robert Bernocchi, MyMovies


Potrebbe essere ricordata come la cerimonia più noiosa della storia (almeno recente) degli Oscar. Magari non è avvenuto nulla di imbarazzante, nessun numero che rivedremo tra vent'anni su YouTube al livello di Rob Lowe che duetta con Biancaneve, come avvenuto negli anni Ottanta. Ma certo che, per varie ragioni, era difficile trattenere gli sbadigli e non solo per l'ora tarda. Una serata che qualcuno aveva cercato di rovinare in anticipo riportando delle dichiarazioni di Mark Wahlberg, che ha sostenuto di avere un amico alla società che si occupa dello scrutinio dei voti e quindi di conoscere in anticipo i risultati. Poi, in realtà, non tutte le sue previsioni (peraltro, poco 'coraggiose') si sono avverate, quindi scandalo rientrato. Scopo della serata, come ha detto il produttore della cerimonia Brian Grazer, era celebrare la visione dei film nelle sale, in un'epoca di Video on Demand. A parte una scenografia che ricorda l'entrata di un cinema, il messaggio non è stato chiarissimo, anche per la generale mancanza di idee.

In effetti, si può celebrare l'ottimo numero del Cirque du Soleil, che non è nuovo agli spettacoli durante gli Oscar. Ma se il momento meno attinente al mondo del cinema è quello che funziona meglio, forse c'è qualche problema nell'organizzazione della serata. Così come c'è (anche se qui non si può dare la colpa a nessuno) una difficoltà se la maggiore sorpresa è l'Oscar per il miglior montaggio, andato a Millennium - Uomini che odiano le donne.

Un po' stanco è sembrato Billy – maschera di cera - Crystal, che dopo il solito montaggio in cui compare nei film candidati all'Oscar (non originalissimo e più celebrativo del solito della 'magia' del cinema), ha svolto un numero da musical che sembrava attirare più consensi per rispetto che per sincera ammirazione. Non si può negare che qualche battuta abbia funzionato, ma forse la platea apprezzava soprattutto la tranquilla tradizione offerta dall'attore-presentatore, rispetto alla fallimentare novità giovanile rappresentata da James Franco e Anne Hathaway dell'anno scorso. Se c'è una cosa che non ha funzionato, sono stati i montaggi celebrativi (a parte l'ultimo, dedicato ai candidati per il miglior film), con scelte che con gli Oscar avevano poco a che fare, come immagini da Twilight (ennesimo tentativo di conquistare il target dei giovanissimi? Possibile, ma piuttosto triste). Decisamente meglio una parodia di focus group, con al centro Il mago di Oz, che però era tirata un po' troppo per le lunghe.

Se di vincitori ce ne sono diversi, è difficile trovare uno sconfitto vero e proprio. Non si può considerare tale Hugo Cabret, considerando i cinque Oscar tecnici vinti (tra cui quello 'italiano', per le migliori scenografie, andato al lavoro di Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo). E Paradiso amaro almeno ha portato a casa la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale, mentre Midnight in Paris ha fatto lo stesso per quanto riguarda gli script originali.

Ma ovviamente il trionfatore della serata è stato The Artist, come pronosticato da tempo. Forse, per un titolo così celebrato per l'originalità e il coraggio di puntare sul muto e il bianco e nero, quando sono arrivati sul palco i protagonisti l'effetto non è stato entusiasmante. Neanche Jean Dujardin, di solito bravissimo a divertirci in maniera originale in questa stagione dei premi, è andato oltre a qualche battuta stentata.

A questo proposito, non c'è dubbio che, come tante cerimonie di questo tipo, il nome che compare più spesso è quello di Harvey Weinstein. Non solo i suoi film hanno vinto dove era previsto (The Artist), ma quando riesce a trionfare anche un documentario come Undefeated, battendo un'opera che ha tirato fuori di galera persone che ci erano rimaste senza prove per 17 anni, vuol dire che non c'è scampo per gli altri. Lo stesso si può dire del successo di Meryl Streep, che ormai veniva data per sfavorita rispetto a Viola Davis. Ma avevamo dimenticato l'effetto Harvey...

Insomma, cosa ricordare? Poco, ma sicuramente il discorso di Christopher Plummer, che non si prende molto sul serio e che propone un premio Nobel per la pace da destinare a sua moglie. Un altro momento di (parziale emozione) è stato quello di Una separazione, una vittoria non solo meritata per il candidato migliore (e tra i film stranieri all'Oscar, non è certo scontato), ma che ha anche ovvie connotazioni politiche. Emozioni che incredibilmente non sono arrivate dal segmento commemorativo dei tanti artisti scomparsi quest'anno e che di solito fornisce ben altri brividi.

Insomma, se l'Academy negli ultimi anni ha dimostrato di avere dei problemi, questa cerimonia è stata forse il momento peggiore e più preoccupante. In attesa dei dati di ascolto, che probabilmente non saranno entusiasmanti, visto che le pellicole favorite non hanno ottenuto incassi da blockbuster. Pronostico per l'anno prossimo? Una seria rifondazione in vista...

Commenti

Post più popolari

il Tacco di Bacco - i prossimi eventi in Puglia

Contattaci

Nome

Email *

Messaggio *