Translate

Canino e Andriani incantano il Petruzzelli

Pubblico entusiasta per le esecuzioni al pianoforte e al violino dei maestri

di Stefania Gianfrancesco

Che non si dica che Bari è una città che culturalmente non offre nulla di stimolante, che si fan sempre le stesse cose, che si viaggia sui binari della mediocrità e bla bla bla: non fai in tempo a riprenderti dalla ipnotica favella della immensa Benedetta Craveri (ospite del Presidio del Libro Caffè d’Arte Dolceamaro per presentare il suo ultimo “Ourika”) che, ancora trafelata, raggiungi la tua poltrona al Petruzzelli per la serata con il violino di Carmelo Andriani e il pianoforte di Bruno Canino.

Serata incantata – già presagio quel parcheggio immediatamente trovato davanti al teatro – della quale, in realtà, arduo compito è scrivere senza la banalità di un giudizio più che entusiasta.
In apertura la Sonata op. 105 n. 1 di Robert Schumann. Composta in soli quattro giorni nel settembre del 1851, tradisce l’interesse tardivo e problematico di Schumann per il violino, coevo al periodo della sua follia: ispirazione inferiore, scrittura non sempre attenta e uso forse esagerato del registro grave – che però ben si associa allo stato di instabilità mentale dell’autore. Tutti i tre tempi sono pervasi da un senso di inquietudine e tormento, e i due maestri mai perdono quella sottile tensione, neppure nei momenti più lirici e onirici, neppure nell’esporre l’innocente Allegretto.

Il Vivace del terzo movimento, in cui la musica sembra rincorrere una pace destinata a non essere mai raggiunta, conduce idealmente alla veemenza a tratti selvaggia dell’Allegro molto appassionato della Sonata op. 45 n. 3 di Edvard Grieg, l’atmosfera carica di cantabilità matura e nordica. Che raggiunge il suo culmine nell’Allegretto espressivo alla Romanza – Canino rende malinconica e incorporea la melodia affidata inizialmente al pianoforte solo. Che dire? La bellezza di queste pagine è da sola sufficiente a comprendere come mai quest’opera, composta sul finire del 1886, divenne presto una delle più eseguite in Europa e America.

Ma quando il gioco si fa duro i duri iniziano a giocare! È così con la Sonata op. 108 n. 3 di Johannes Brahms. Pur non avendo mai scritto mai cose evidentemente virtuosistiche (alla Liszt tanto per intenderci), Brahms risulta sempre difficile da eseguire, la scrittura piena e solida, necessari un grande sforzo interpretativo e un assoluto dominio della tecnica. Andriani e Canino possono vantare una grande intesa e superano anche i passaggi più impervi – non senza svelare qua e là lo sforzo esecutivo – e regalano alla sala un’interpretazione da togliere il fiato.

Conclude la rapsodia da concerto Tzigane di Maurice Ravel. Sorta di esercizio di stile, raccoglie in sé la malia della musica spagnola venata dai languori zingareschi, la scrittura raffinata e funambolica. La lunga introduzione affidata al violino solo fa intuire da subito l’impostazione virtuosistica che Andriani domina anche nei passaggi più arditi, sostenuto dal pianoforte mai invadente eppure presente (e che tocco!) di Bruno Canino.
Pubblico entusiasta, doppio omaggio alla sala e applausi che le luci accese stentano a scemare.
Ps: meraviglia nella meraviglia, la platea ancora una volta gremita di giovanissimi.

Commenti

Post più popolari

il Tacco di Bacco - i prossimi eventi in Puglia

Contattaci

Nome

Email *

Messaggio *