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Festival di Cannes: Palma d'oro a Il nastro bianco


domenica 24 maggio 2009 - Giancarlo Zappoli, MyMovies
Verdetto molto articolato quello della Giuria del 62° Festival di Cannes e solo parzialmente condivisibile. Non si può esser che d'accordo sulla Palma d’Oro a Il nastro bianco di Michael Haneke. Film indubbiamente non facile, per durata e contenuto (come peraltro tutti quelli del regista) ma importante sia per il soggetto che per il rigore con cui lo stesso viene trattato.
Se si doveva premiare un film francese (si poteva non farlo?) il riconoscimento del Grand Prix andato a Jacques Audiard per Un prophéte va a un'opera (anche questa over size come durata) capace di coniugare la tensione narrativa con un elevato livello interpretativo e l'analisi di un percorso di de-formazione carceraria.
Tutti si aspettavano, ed è giustamente arrivato, un premio particolare per Alain Resnais. Uno dei Maestri del cinema contemporaneo, alla sua ultima opera dichiarata, ha saputo mostrare una leggerezza di tocco coniugata a una profondità di scavo psicologico che non potevano passare sotto silenzio. Consenso anche per i premi per l'attore e l'attrice. Come avevamo scritto nella recensione al film Christoph Waltz è stata la vera rivelazione di Bastardi senza gloria e ora possiamo dire dell'intero Concorso. Mentre Charlotte Gainsbourg, caricandosi letteralmente sulle spalle il pesante fardello di Antichrist ha dimostrato di essere un'attrice vera, di quelle pronte a gettarsi anima e corpo (non è una facile battuta) in un’impresa estrema.
Dove il dissenso comincia a prendere forma è nel Premio della Giuria. Perché se Park Chan-wook con il delirio vampiristico di Thirst ha aggiunto un altro anello alla catena della genialità visiva del suo cinema non altrettanto si può dire di Andrea Arnold che ha offerto con Fish Tank un'opera decisamente più convenzionale rispetto al film che, sempre a Cannes, l'aveva fatta conoscere.
Restano il premio per la regia e quello per la sceneggiatura che avrebbero potuto essere meglio attribuiti. Brillante Mendoza con Kinatay ha riproposto il suo cinema autoreferenziale che può giusto piacere a una giuria che non si cura del pubblico (ivi compreso quello acculturato). Mentre eravamo stati facili profeti nell'affermare che Spring Fever aveva tutte le caratteristiche del classico film da festival. Come volevasi dimostrare. Il premio per la miglior sceneggiatura è andato a Mei Feng. È stato come se i giurati avessero dichiarato che nel giorno in cui si proiettava Looking for Eric, diretto da Ken Loach ma scritto dal suo braccio destro Paul Laverty erano assenti per malattia. Fortunatamente in sala ad applaudire fino alla fine c'era un signore che di cinema ne vede, se ne intende e ne fa senza lasciarsi attrarre dalle sirene delle opportunità politico-culturali. Si chiama Quentin Tarantino.

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