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Stampa da salvare - Come frantumare barriere mentali e guardare dall’altra parte

Un’associazione contro burocrazia e disumanità tra medico e paziente

“Ricordo la prima riunione a cui ho partecipato a Saint Louis (Usa) per un trapianto di polmone. C’era un paziente che aveva tutti i requisiti per ricevere una donazione. Ma qualcuno chiese: ‘L’assicurazione qual è?’. E il trapianto non si fece più, perché quell’assicurazione non garantiva al 100% il rimborso”.
Raccontando l’aneddoto, sorride amaro Francesco Sartori, ordinario di Chirurgia Toracica all’Università di Padova. A Modugno (nell’Aula consiliare) e a Bari (nella Facoltà di Medicina) ha partecipato al convegno “Esperienze e riflessioni a confronto sulla umanizzazione della medicina”. Qui, insieme ad altri medici di fama internazionale, ha raccontato la personale battaglia contro la malattia, che gli ha reso più evidente la povertà che, troppo spesso, mina i rapporti tra medici e pazienti. Alimentata da cecità, saccenteria e disumanità di molti colleghi.
Gli Usa sono un caso estremo, spiega Sartori, e anche un paradosso, “perché, nonostante ciò, noi andiamo lì a imparare. Quel sistema funziona, ma solo per i ricchi. E l’Italia, senza una svolta, rischia di declinare verso quel modello”. Diversa appare la situazione in Francia, dove il paziente può usufruire, oltre che della qualità della medicina, di molti “extra” che curano il suo morale, c’è addirittura l’estetista.
Modugno è la sede meridionale dell’associazione “Dall’altra parte. Medici e Pazienti Insieme”, grazie anche al lavoro della professoressa Armida Massarelli, referente per la Puglia.
“Esperienze e riflessioni a confronto sulla umanizzazione della medicina” è il secondo convegno regionale. Il primo, “Medici, Ammalati Istituzioni”, si è tenuto a febbraio 2007 e ha posto le basi della collaborazione tra associazione e Università di Bari. Il preside della Facoltà di Medicina, Antonio Quaranta, ha avuto un ruolo attivo nell’organizzazione dell’ultimo appuntamento.
Tutto nasce da una puntata de "La storia siamonoi", di Giovanni Minoli, curata dal giornalista Paolo Barnard, andata in onda più volte sulla Rai. La trasmissione, di successo nonostante il tema, ispira un convegno a Mantova (che diventerà la sede settentrionale dell’associazione). Vi partecipa il preside della Facoltà di medicina dell’Università di Brescia, che poi organizza un altro incontro nella propria città. Qui, nel 2006, l’associazione si costituisce ufficialmente. Prende il nome dal libro “Dall’altra parte”, giunto all'ottava edizione. Curato da Barnard, è scritto a più mani da Sandro Bartoccioni, cardiochirurgo (scomparso nel 2006), Gianni Bonadonna, presidente della Fondazione Michelangelo, Istituto Tumori di Milano e presidente onorario di “Dall’altra parte”, e Francesco Sartori. Il libro raccoglie la testimonianza diretta dei tre luminari, ammalatisi gravemente. Qui si raccontano ed espongono proposte per una sanità più umana.
“Dal 2006 – spiega Massarelli - numerose associazioni hanno aderito al progetto. Si è costituita una rete con obiettivi comuni, che ha concentrato energie e risorse. Vi sono impegnate attivamente anche diverse realtà di Modugno, dal Comune, alla scuola media Francesco d’Assisi, alle Acli. Questa città è simbolica per le problematiche ambientali che la attanagliano, ben descritte nel volume ‘Il profilo di salute della città di Modugno’ presentato proprio nei giorni scorsi. La convergenza tra associazione e Comune è stata istituzionalizzata con il convegno di lunedì scorso nell’Aula consiliare. Anche l’Amministrazione, ora, è ‘dalla nostra parte’. Vogliamo insieme sensibilizzare l’opinione pubblica alla salute, educarci ad essere medici e pazienti. Il metodo vincente è apprendere tutto dall’esperienza di chi ha vissuto in prima persona la malattia”.
“Siamo stati ben felici di poter patrocinare questa associazione – dice il sindaco di Modugno, Pino Rana -. Favorisce la maturazione di una sensibilità e umanità nuova dei medici nei confronti dei propri assistiti. È un’associazione radicata a Modugno grazie all’impegno di un’insegnante straordinaria, Armida Massarelli. Abbiamo anche fatto conoscere la nostra città ai prestigiosi relatori dei convegni, ma soprattutto abbiamo dato ai cittadini la possibilità di conoscere meglio questa importante realtà cittadina e nazionale”.
Per Sylvie Menard, direttrice del Dipartimento di Oncologia Sperimentale e Laboratorio all’Istituto Tumori di Milano, “Sull’umanizzazione del rapporto medico-paziente, l’Italia è indietro anni luce: “È ultima in Europa. Non prevede una terapia del dolore. La persona che apprende di avere una grave malattia non è sostenuta nel suo sforzo di rinascita, di riordinamento dei valori esistenziali indotto dallo choc iniziale. Morire bene dovrebbe essere un risvolto di una vita degna. Invece, spesso i malati terminali sono mandati a casa. Gli si toglie crudelmente anche l’ultima speranza. Basterebbe l’esperienza di pochi per contribuire in modo decisivo a correggere questi errori comuni. Ma i medici ‘sani’ trovano spesso tante scuse. Dicono di non avere tempo. È necessario, invece, trovarne”.
E in questo tempo, spiega Sartori, i medici dovrebbero mettersi allo stesso livello del paziente, aiutarlo ad accrescere l’autostima, ad uscire dalla depressione nella quale lo trascina la malattia e non lavarsi le mani pensando che dopo sarà lo psicologo a riparare i loro guasti: “Il malato ha bisogno di sentire la parola amica di chi è informato sulla sua malattia. I medici dovrebbero renderlo autonomo, insegnargli a curarsi da solo. Questo gioverebbe anche a contenere le spese fuori controllo della Sanità. Ma è difficile cambiare la testa dei medici – aggiunge Sartori -. Già laureati, con una professione, non sono malleabili. Sono convinto che l’azione vada incentrata sugli studenti di Medicina, più aperti. Quando gli parlo della mia esperienza riscontro differenze anche tra questi ultimi: quelli del primo anno, rispetto a quelli del quinto, dimostrano una sensibilità maggiore e hanno più consapevolezza della propria missione. Bisognerebbe riorganizzare i corsi universitari, concentrarli sui fondamenti etici sin dal primo anno ed eliminare un buon 70-80% di esami inutili, spezzettati e solo teorici. Ho già proposto un elenco di materie da cancellare o accorpare. La situazione attuale è frutto di pura follia, c’è un impressionante apparato per giustificare la presenza di molti professori. La medicina oggi può salvare persone che solo 30 anni fa erano condannate. Ma non ha ancora imparato a curare questo suo male profondo. Il mondo accademico è refrattario al cambiamento”.
Eppur qualcosa si muove: “A Brescia, ad esempio - riferisce la segretaria dell’associazione, la dottoressa Carmen Terraroli -, è nata l’esigenza di fare un corso di più incontri, con crediti formativi, per i ragazzi del quinto anno. Lo ha chiesto la stessa Università. Diversi medici sono sensibili al problema della perdita della parte emotiva del rapporto con il malato. Una corretta relazione non si recupera solo cambiando il modo di porsi o dedicando più tempo al malato. Si deve rovesciare il modo di concepirlo, vedendo in lui se stessi”.
Gianfranco Massarelli, dottore e membro del Consiglio Direttivo dell’associazione, sottolinea come a Brescia “si cerchi anche di coinvolgere in questa nuova dimensione anche infermieri e personale amministrativo, che vivono ancor più a stretto contatto con i pazienti”.
È più ottimista Zaira Bartoccioni, psicanalista, moglie di Sandro Bartoccioni (di cui, nell’Aula magna di Medicina a Bari, si è proiettato un toccante filmato-testimonianza): “Trovo ci sia una sensibilità nuova tra i medici – dice -. Sembra capiscano di aver perso qualcosa, di vivere in una burocrazia che ha smarrito il contatto con il paziente. Non solo i malati, infatti, ma anche Università e medici chiedono di ascoltare le nostre storie”.
Mario Melazzini, direttore dell’Unità operativa complessa, IRCCS, dell'Istituto Maugeri di Pavia, costretto su una sedia a rotelle dal morbo di Gehrig, avverte: “La medicina è entrata nell’era della parsimonia, delle prestazioni quantizzate. Una visita deve essere fatta in pochi minuti, altrimenti cominci a perderci. È frustrante aver studiato tanto per diventare dei burocrati. I medici nel rapporto con il paziente devono abbandonare il mutismo o le parole ‘certe e definitive’, senza scrupoli. Devono imparare l’umiltà, frantumare la barriera mentale che gli impedisce di riscoprire l’empatia, di guardare dall’altra parte. Anche il dolore si può dimenticare quando c’è la speranza, se non di guarire, almeno di camminare insieme”.
Modugno è una città simbolica, dicevamo. Qui, da recenti indagini, la prima causa di morte nel 2004 pare siano diventati i tumori. I principali imputati sono gli insediamenti della zona industriale, a cui si aggiungeranno forse una centrale turbogas e un inceneritore di rifiuti. “Non so se sia più pericolosa una catasta di rifiuti o un inceneritore – si domanda Menard -. Io preferisco gli inceneritori. Lo abbiamo visto a Seveso. La diossina è una sostanza talmente forte da ammazzare molto prima che il tumore possa sorgere. Ridursi come Napoli con l’immondizia nelle strade per la paura degli inceneritori è una follia. Nonostante l’inquinamento, guadagniamo 3 mesi di vita ogni anno”.
“Sì – replica Sartori -, ma non sappiamo se sarà così ancora a lungo. Potremmo essere vicini ad un’inversione di tendenza. Non è un buon segno il moltiplicarsi di casi di asma e allergie anche tra i bambini. Come staranno questi da adulti, tra 30-40 anni? La salute, secondo l’Oms, va intesa in senso ampio come benessere fisico, ma anche psichico e sociale. Dovrebbe essere messa al centro delle questioni politiche. Non può essere accantonata per far spazio ad altre priorità della cui nocività non siamo sicuri. La salute dev’essere il fine di tutto”.

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