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SUCCO DI OLIVA


Se esistono i nettari degli Dei, tra questi c’è sicuramente l’olio: secondo la mitologia greca, infatti, fu la dea Atena a piantare il primo ulivo. Per questo, secondo i Greci, l’olivo era una pianta sacra (simbolo di forza, di fede, di pace): chi la danneggiava o sradicava era punito con l’esilio. Ancora oggi, l’ulivo è considerato una pianta carica di simbolismo. Il motivo risiede soprattutto nella sua longevità. Dalla sua semina al primo frutto devono passare almeno 25 anni. Esattamente lo scarto di una generazione. In una fase storica in cui si esaspera la tendenza dell'uomo a consumare tutto e subito, privando le generazioni a venire di crescenti porzioni di un mondo ormai sull'orlo del collasso, l'ulivo ricorda come tutto ciò di cui disponiamo è stato creato e salvaguardato per noi da chi ci ha preceduto. Ed è sintomatico che oggi, nella mia terra, siano sempre più frequenti gli incendi e lo sradicamento degli ulivi (magari per far posto al cemento e a capannoni vuoti o destinati alla vacuità) .

Se la natura divina dell’olio non è comprovabile, questo succo prezioso può comunque vantare altre innegabili virtù. È un toccasana per il palato e per il cuore, ad esempio. Ossia, a differenza di altri alimenti, invitanti ma deleteri per la salute, fa anche bene. Nella tradizione culinaria mediterranea è un ingrediente quasi onnipresente. Altrove è ancora poco usato e caro. Solo di recente, l’attenzione crescente per la salute e l’alimentazione, e l’apprezzamento suscitato nel mondo dalla cucina italiana e pugliese in particolare, ne hanno fatto salire i consumi (e purtroppo anche il rischio di frodi a livello internazionale). Le sue caratteristiche organolettiche, infatti, sono ideali per una corretta alimentazione. Oltre ad insaporire i nostri cibi, contiene sostanze antiossidanti (fenoli e tocoferoli equivalente alla vitamina E), che contribuiscono allo sviluppo equilibrato dell’organismo, proteggendolo dal colesterolo cattivo e dalle malattie degenerative e rallentandone i processi di invecchiamento.


Il Dop (Denominazione d'origine protetta) è un marchio introdotto dal regolamento Ce n.2081/92, che garantisce la produzione, trasformazione ed elaborazione di un prodotto agroalimentare in un'area geografica determinata. Prevede in genere anche l'utilizzo di tecniche tradizionali e norme restrittive, tese, ad esempio, nel caso dell’olio, ad assicurare tempi ristretti tra raccolta e lavorazione delle olive, per garantire un prodotto di qualità superiore e ricavato soprattutto da varietà autoctone. Marchi via via meno vincolanti sono l’Igp e Stg. In Puglia, il marchio Dop è stato riconosciuto a cinque tipi di olio, prodotti in altrettanti territori: Dauno, Terra di Bari, Colline di Brindisi, Terre Tarentine e Terra D'Otranto. Queste zone sono suddivise a loro volta in undici sottozone a seconda del territorio di produzione.

L’olivo, come è noto, è una pianta sempre verde, può essere coltivata anche su terreni calcarei e argillosi ed è in grado di sopravvivere in ambienti aridi, per quanto, in particolari momenti del suo ciclo vegetativo, necessita di un apporto idrico adeguato. Queste sue peculiarità spiegano la sua diffusione nel Mediterraneo e in particolare in Puglia (con oltre 50 milioni di alberi di ulivo, è tra le più importanti regioni olivicole italiane, ai primi posti per la produzione di olive e olio).
L'olio extravergine di olive pugliesi, a seconda delle olive da cui è prodotto, presenta diverse caratteristiche. La qualità più delicata di olio extravergine, di colore giallo oro, di gusto dolce con lieve pizzicore, è ideale per le preparazioni servite crude. Il tipo medio, di colore giallo intenso, sapore soave e un po’ erbaceo, si adatta alle preparazioni cotte a vapore e al sale.

Prima di arrivare sulle nostre tavole, tuttavia, l’olio subisce una complessa lavorazione. La produzione del migliore olio d'oliva si basa sui tradizionali processi di estrazione meccanici. Sono questi, infatti, lo spartiacque tra gli oli vergini e gli altri (oli di semi, oli di oliva rettificati e raffinati, oli di sansa) ottenuti mediante processi basati su metodi fisici e chimici.

Il metodo tradizionale è quasi un rituale, consolidatosi e perfezionatosi nei secoli. Assicura una lavorazione a freddo dell’olio, preservandone al meglio le proprietà organolettiche e l’aroma dell’oliva. Comincia con la spremitura, che ha luogo nei frantoi (o trappeti pugliesi). Le olive si raccolgono in una vasca, la "molazza", composta da una ruota di granito di oltre 2,5 metri di diametro. Qui le olive sono prima defogliate, poi frantumate. Attraverso un condotto, la pasta è riversata su dei tappeti circolari detti "fiscoli". Questi sono incolonnati su un carrello sistemato in una pressa. Spremuti, rilasciano l’olio grezzo di cui sono intrisi, successivamente separato dalle impurità e dall’acqua tramite appositi filtri e centrifughe.

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